COVID-19. LA PRIMA PANDEMIA DEL MONDO GLOBALIZZATO

NOVEMBRE 2019. Nella provincia di Hubei si registra un caso anomalo di polmonite atipica. Nelle settimane successive e nel mese di dicembre i casi aumentano. Si verificano strane polmoniti, forse causate da un virus, ancora non isolato. I primi di gennaio muore il primo paziente, a causa di un coronavirus fino ad allora sconosciuto. Si chiude il mercato di Whan e da lì scoppia l’epidemia causata da un nuovo agente virale, poi definito SARS-CoV-2. In seguito, l’OMS dichiara la pandemia, perché l’infezione si espande velocemente su scala globale. Che cosa è successo?
Ciò che è successo a Whan nel mese di gennaio lo sappiamo tutti, ormai. Prima di gennaio, tuttavia, si verificarono altre infezioni riconducibili alla stessa causa. Il 17 novembre 2019, nella provincia di Hubei, viene registrato un primo contagio in un paziente cinquantacinquenne. Il virus, allora, era sconosciuto. Questo fu seguito da altri casi; alcuni dei pazienti avevano frequentato il mercato di Whan, ma altri no. Tuttavia, il primo gennaio 2020 viene disposta la chiusura del mercato di Whan e tutti i pazienti con chiari segni e sintomi di infezione vengono isolati. Gli sforzi ad indentificare l’agente eziologico sono enormi e, proprio i primi di gennaio a tempi di record, le autorità cinesi dichiarano di aver identificato un nuovo virus, appartenente alla famiglia dei Coronidae, genere coronavirus. Un genere già conosciuto dalla nostra specie. Chi non ricorda la SARS di pochi anni prima? Chi non ricorda la MERS, ancora pericolosa nelle zone medio-orientali? Anche in questo caso, il nuovo virus causa sindromi delle alte vie aeree, con gravi complicazioni alle basse vie aeree, a livello polmonare. Le quarantene, la chiusura degli aeroporti e delle frontiere, la recente dichiarazione di pandemia dell’OMS (11 marzo 2011) e la storia nostra italiana, le emergenze e tutto quello che è successo negli ultimi giorni lo conosciamo bene. Ho scritto a lungo negli ultimi giorni e vorrei continuare ad informare su questo nuovo virus, nonostante le poche pubblicazioni presenti e gli studi ancora in corso e non definitivi. Cominciamo col capire chi è SARS-CoV-2. All’inizio è stato chiamato 2019n-CoV (Nuovo CoronaVirus 2019), poi SARS-CoV-2 (CoronaVirus 2 della SARS), data la “somiglianza” con il virus della SARS. Condivide con esso, infatti, più del 75% del suo genoma. Entrambi sono coronavirus, virus ad RNA dunque, con un genoma predisposto a mutare, creando nuove varianti geniche, con nuove infettività. La storia è simile, sotto molti aspetti. Anche questo virus sembrerebbe derivare dagli animali. In quelle zone, infatti, c’è contiguità tra animali vivi selvatici e le persone che vivono nelle grandi metropoli. Whan ne è un esempio; il mercato di Whan ne è un grande esempio. Qui vengono stipati, in piccolissime gabbie, animali selvatici di ogni genere (pipistrelli, serpenti, pangolini…), cani e gatti. Qui gli animali vengono uccisi al momento, davanti agli occhi dei clienti e cotti e poi mangiati, sempre al momento. Questa è la tradizione. Gli animali non sono in buone condizioni igieniche e nemmeno il mercato lo è. Il mercato di Whan, come molti altri mercati in Cina, è pieno di carcasse di animali morti e sangue ancora fresco degli animali, appena uccisi. Non è un caso che questo mercato venga definito “bagnato”. Lo stretto contatto uomo-animale selvatico, la mancanza di igiene, il consumo di carne a volte cruda, la circolazione di animali non controllati in termini di igiene e sicurezza, rende possibile quello che in natura è assai raro: il salto di specie, soprattutto se si considera che, a compiere lo spillover, è un genere di virus estremamente abile in tal senso. Ho scritto molto, nei miei precedenti articoli, sulla biologia dei coronavirus e sulla loro capacità di modificare ospite e spettro d’ospite, sperimentando nuove infezioni. Quello che era successo con la SARS è successo, probabilmente, con SARS-CoV-2. Attualmente si ritiene che questo virus derivi da pipistrelli giganti, portatori sani di molteplici virus; è probabile che SARS-CoV-2 si trasmetta, poi, ad un portatore intermedio, per arrivare all’uomo. Il pipistrello sarebbe il serbatoio naturale del virus e il pangolino (o forse un altro mammifero, o forse un serpente) l’ospite intermedio.
COS’E’ COVID-19. SARS-CoV-2 è l’agente eziologico del COVID-19 (Corona Virus Desease-2019), appartiene al genere beta-coronavirus. Non è molto grande. Gli studi attuali dimostrano un’omologia tra SARS-CoV-2 e coronavirus bat-SARS-like superiore all’85%. Gli studi dimostrano che questo virus è identificabile nelle cellule epiteliali respiratorie. Ha dei punti deboli: è sensibile ai raggi ultravioletti, è inattivato dal calore a temperature di 56 o C per 30 minuti. I suoi nemici sono i solventi lipidici: etere, etanolo al 75%, il comune sapone, ma anche i disinfettanti contenenti cloro, acido paracetico e cloroformio. Si sta dibattendo molto sulle fonti di infezione e sulle vie di trasmissione. Dubbi che portano a lunghi dibattiti sui metodi più o meno contenitivi della popolazione, sull’uso di tamponi su larga scala o solo sui soggetti sintomatici.
La realtà è questa: attualmente le fonti di infezione principali sono le persone infette da SARS-CoV-2, ma anche i soggetti portatori ed asintomatici possono diventare fonte di infezione. Le vie di trasmissione sono le goccioline di saliva, espulse dai colpi di tosse o starnuto. Via droplet, si dice, per indicare gocce di saliva di dimensioni uguali o superiori ai 5µ (micron). Il droplet è abbastanza pesante e può essere trasmesso ad una distanza massima di tre piedi intorno al paziente (circa un metro). A questa distanza sono sufficienti le mascherine chirurgiche. Gli operatori sanitari, però, necessitano di mascherine particolari (FFP3), perchè le manovre, da essi attuate, possono nebulizzare le gocce a dimensioni più piccole, rendendo più semplice per il virus entrare nelle vie respiratorie. In caso di esposizione prolungata ed ambiente chiuso, però, la trasmissione può essere via airborne (via aerea). Per questo motivo si consiglia di aprire le finestre e di cambiare spesso l’aria agli ambienti. Il virus si isola, anche, nelle feci e nell’urina. Sebbene una trasmissione oro-fecale di questo virus non sia stata ancora dimostrata, bisogna prestare particolare attenzione agli ambienti inquinati di feci ed urina. Per tutti questi motivi si consiglia di lavarsi spesso le mani. Sottolineo, tuttavia, che dati sulla possibilità di infezione tramite oggetti o altro sono pochi; il 99% dei contagi avviene da persona infetta a persona. Qual è la popolazione suscettibile? Tutta. Questo è importante da ricordare. Siamo tutti suscettibili, anziani, bambini, uomini e donne, seppur con delle differenze, che stabiliremo a breve. Questo virus è sostanzialmente associato a sindromi respiratorie (alte e basse vie respiratorie), ma nei casi più gravi si possono manifestare patologie multiorgano e si possono osservare danni a polmoni-cuore-milza-fegato-reni. Ciò che si osserva, in particolar modo, è la presenza di monociti e macrofagi - cellule dell’immunità innata – ed elevata infiammazione. La maggior parte dei danni si verifica a causa di una reazione infiammatoria importante. Secondo le attuali indagini epidemiologiche, l’incubazione ha una durata da 1 a 14 giorni, con una media da 3 a 7 giorni. Dato l’elevato tempo di incubazione che intercorre dall’inizio dell’infezione alla manifestazione dei sintomi, è importante l’isolamento. Le prime manifestazioni sono febbre spesso lieve, tosse secca ed astenia, a volte dolori muscolari. In una certa minoranza di pazienti si associano, anche, ostruzione nasale, rinorrea, diarrea, arrossamento e mal di gola.  In alcuni casi, anche a distanza di una settimana da questi primi sintomi, si possono manifestare tosse insistente anche di notte, dispnea da sforzo. Nelle forme più gravi si può manifestare insufficienza respiratoria (ARDS), si tratta di un’emergenza medica, per la quale è necessaria la ventilazione meccanica. Attualmente vengono classificate quattro forme cliniche: lieve-moderata-severa-molto severa. Perché è importante eseguire il test in pazienti con sintomi? Perché non esiste solo la polmonite da SARS-CoV-2. Esistono, infatti, polmoniti da virus dell’influenza, da adenovirus, da micoplasma. Ci sono, anche, forme non infettive di polmoniti. In questi casi è necessario fare diagnosi differenziale, per scegliere le strategie e gli interventi più adeguati. Per capire se una persona possa o meno essere dimessa, si dovranno valutare alcuni parametri, tra i quali il ritorno alla temperatura corporea normale per più di tre giorni e la negatività - per due volte consecutive a distanza di almeno 24 ore - alla ricerca degli acidi nucleici del virus, attraverso i tamponi. Su quest’ultimo punto, se e quando usare i tamponi si sollevano tanti dubbi, che non mettono d’accordo l’opinione pubblica. Il disaccordo nasce dal capire chiaramente se anche gli individui, cosiddetti asintomatici, siano o meno contagiosi. I soggetti asintomatici e i paucisintomatici (pochi sintomi, di lieve entità) dovrebbero risultare meno infettivi. Infatti, l’assenza di colpi di tosse dovrebbe ridurre il rischio di contagio. Gli asintomatici sono persone che stanno bene e che, quindi, lavorano, viaggiano, interagiscono con tante persone. Questa è la modalità che usa il virus per infettare nuovi soggetti. Lo stesso discorso vale per i presintomatici, di cui poco si parla. Intercorre un lungo lasso di tempo tra l’infezione e la manifestazione dei sintomi, a volte anche più di una settimana. Questo lungo periodo d’incubazione permette al virus di creare nuovi focolai in zone lontane dal primo focolaio. Il virus sfrutta gli individui presintomatici ed i paucisintomatici/asintomatici per riprodursi e propagarsi a lunghe distanze, assicurandosi la sua sopravvivenza. Questi meccanismi sono alla base dell’attuale situazione pandemica. E’, dunque, chiaro che per ridurre le possibilità di contagio ci si debba isolare e si dovrebbero eseguire tamponi a tappeto in tutti i soggetti entrati in contatto con i soggetti sintomatici. Un dato meritevole di osservazione è la minore mortalità delle donne, rispetto agli uomini, con un rapporto di 1 a 4; ogni due donne ammalate di SAR-CoV-2 vi sono 8 uomini nelle stesse condizioni. Leggo tante speculazioni in merito alle cause attribuite a tale differenza, tutte, probabilmente, corrette. Il diverso stile di vita, il fatto che ci siano più fumatori uomini che non donne, la diversità ormonale tra i due sessi sono tutti fattori che contribuiscono senz’altro a rendere le donne più immuni. L’evoluzione delle nostra specie (e di tutti gli animali) ha permesso al genere, che deve portare avanti una gravidanza, di fortificare il sistema immunitario. Grazie ad un sistema immunitario abile e competente la femmina può portare a termine la propria gravidanza, garantendo, alla lunga, la conservazione della specie. Questo non è un meccanismo esclusivo della specie umana; anche negli altri mammiferi si osserva e questo si correla con le aspettative di vita più alte nella femmina, rispetto al maschio. Vi è, tuttavia, un dato scientifico da tenere in considerazione. Le ultime ricerche stanno dimostrando il perché di questa differenza, a livello molecolare. Attualmente sappiamo che SARS-CoV-2 ha bisogno di un recettore, come via di accesso. Questo recettore è presente anche nelle alte vie aeree e si chiama Ace2. Sembrerebbe che nelle donne questo recettore sia meno espresso nelle alte vie aeree; il virus avrebbe in questo modo meno possibilità di accesso alle vie respiratorie. Anche nei bambini si è osservato una minore espressione di questo recettore. Inoltre, in questi ultimi, l’esposizione ad altri tipi di coronavirus, fonte di frequenti infezioni pediatriche, potrebbe allenare il loro sistema immunitario a difendersi da virus della medesima famiglia. Ciò non significa che donne e bambini siano immuni. Ricordo che la suscettibilità al virus non dipende solo dall’età e dal genere a cui si appartiene, ma anche dallo stato di salute e la mortalità cresce al crescere delle patologie concomitanti. Anche donne, bambini possono ammalarsi. Anche individui giovani si ammalano. Ultimamente sta aumentando il numero di giovani ammalati. Nella sola Bergamo si sono ammalati 1.800 ragazzi trentenni negli ultimi giorni. Questo ad indicare che nessun individuo è immune e l’unico modo che abbiamo per tutelare la nostra salute e quella degli altri è rispettare le distanze, l’igiene e le regole che ci vengono suggerite.

Dott.ssa Cristina Mucci
Biologo Nutrizionista
Specialista in Biologia Molecolare e Nutrizione Umana
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