I CORONAVIRUS-Famiglia Coronaviridae

Cari amici lo stare a casa non mi ferma. Vorrei condividere con voi le conoscenze che ho imparato durante i miei anni di studio e che possono essere utili in un momento delicato come questo. Vi parlero' del coronavirus in modo dettagliato.


A cavallo tra il 2002 ed il 2003, nel Sud della Cina si verificarono strane forme di infezioni respiratorie gravi, caratterizzate da elevatissima mortalità. Il mondo intero venne sconvolto dagli eventi, temendo che questa forma di infezione potesse diffondersi rapidamente in forma pandemica, senza poter fare molto sulle misure di controllo da adottare. Questa infezione, nota come SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) provocò poco più di 800 morti. In quell’occasione la comunità scientifica virologica (biologi in prima linea) dimostrò grande competenza e prontezza, nel mostrare i primi risultati di ricerche su questo virus, utilissimi per la comunità medica in prima linea. L’agente responsabile della SARS è un virus appartenente alla famiglia dei Coronaviridae, un nuovo coronavirus fino ad allora sconosciuto. Un virus ad RNA, che può sorprendere per la sua patogenicità.
I Coronavirus sono virus ad RNA, appartenenti alla famiglia Coronaviridae. Scoperti negli anni sessanta del secolo novecento, include due generi: Torovirus e, il più noto attualmente, Coronavirus. I due generi si differenziano per molte caratteristiche morfologiche, genetiche e di patogenesi. I torovirus sono a trasmissione oro-fecale e causano gastroenteriti in bovini ed equini. Pochi casi isolati di gastroenterite umana, per lo più di provenienza animale. Dunque, ad oggi per l’uomo sono poco dannosi. Diversa è la storia dei coronavirus. Anche questi ultimi sono virus ad RNA (dato che troveremo molto importante per la loro potentissima e potenziale variabilità genetica). Questi sono molto più diffusi e sono specifici per un numero più ampio di specie animali (esistono coronavirus per polli, tacchini, roditori e per l’uomo). I differenti coronavirus provocano sindromi gastroenteriche, epatiche, respiratorie (alte e basse vie aeree) e, nei casi più gravi (anche questa informazione è da tenere presente) patologie multiorgano. Negli animali infetti vi è un’elevata mortalità e, per questo, tali infezioni hanno una rilevanza economica notevole per gli allevatori. In base alle differenze biologiche e genetiche, i coronavirus sono suddivisi in tre grandi gruppi. I primi due gruppi includono i coronavirus dei mammiferi, il terzo gruppo quello degli uccelli. Il SARS-Coronavirus (virus della SARS) si differenzia da questi tre gruppi e sembrerebbe appartenere ad un quarto gruppo di coronavirus, ma ad oggi ancora non si riesce a classificarlo. Noti sono, invece, il coronavirus 229E e il coronavirusOC43, diversi geneticamente e nella organizzazione strutturale degli antigeni; entrambi sono causa di riniti e rinofaringiti nell’uomo. Più recentemente sono stati isolati altri due coronavirus, causa di infezioni respiratorie pediatriche: coronavirus HKU1 e NL63. Quest’ultimo causa frequentemente infezioni pediatriche delle alte e basse vie respiratorie.
Tutti i coronavirus condividono una struttura piuttosto simile, che conferisce loro il nome a corona. Di morfologia tondeggiante e dimensione variabile dai 100 ai 150 nm, la loro caratteristica principale è la presenza di proiezioni alla superficie della lunghezza di circa 20nm. Queste proiezioni sono costituite da glicopreteine S (dette Spikes), che a loro volta, si riorganizzano in numero di tre (trimeri), per formare quella struttura a corona, che circonda il virione e che dà il nome al genere. E’ proprio questa la struttura che viene riconosciuta dai nostri anticorpi, che definisce specificità d’ospite e tessuto. Il genoma dei coronavirus è molto grande (di grandezza variabile da 27 a 32 kb). Ad oggi non sono noti virus ad RNA con genomi più grandi; questo sta ad indicare la loro complessità e l’elevato numero di strutture molecolari che il loro genoma può codificare. In sostanza, questi virus tengono impegnato tutto il macchinario metabolico della cellula ospite, provocando grossi stress cellulari. Da tenere presente la loro struttura esterna; che non è costituita solo da un capside proteico, ma è rivestita da uno strato glicolipidico. Questo strato è di derivazione cellulare. Durante l’assemblaggio del virus, infatti, questo viene rivestito dalle membrane della cellula ospite. In questo modo, nei cicli infettivi successivi, il virus sarà in grado di legarsi ad una nuova cellula, dopo il riconoscimento delle sue proteine Spike trimeriche, di fondere la sua membrana con quella della cellula ospite e di ricominciare il ciclo. La presenza di una membrana lipidica rappresenta, tuttavia, anche il punto di debolezza di questi virus. Le micelle che si formano, infatti, quando ci laviamo le mani col sapone sono in grado di “aprire” la struttura virale, danneggiandola irreversibilmente. Per questo è importante lavarsi le mani per almeno 30-40 secondi.
La patogenicità di questi virus deriva dallo sviluppo di un’infezione litica, per la maggior parte dei casi. Questo significa che il virus, per poter uscire dalla cellula, deve lisarla, distruggendola. Fenomeno non casuale, ma altamente programmato, per induzione ad apoptosi (morte cellulare programmata) da parte di una proteina virale (proteina E).
Questi tipi di virus prediligono un clima invernale e temperature variabili da 5 ad 11 gradi centigradi. Per questo motivo le epidemie ad essi legate e l’attuale situazione pandemica si sviluppano a cavallo tra i mesi di dicembre-gennaio-febbraio ed hanno un andamento differente nei diversi Paesi colpiti. Prevalentemente sono causa di infezione delle vie aeree superiori, con febbre, rinite, faringotonsillite. Tuttavia, nella prima età pediatrica ed in tutti i soggetti immunocompromessi-malati-anziani, possono provocare infezioni delle basse vie aeree (bronchiti, bronchioliti, polmoniti) e pleuriti. In alcuni casi, accanto all’infezione respiratoria, si possono verificare sindromi enteriche (vomito e diarrea). I tre coronavirus più noti, perché venuti alla ribalta nell’ultimo ventennio, causano polmonite atipica. Questi virus, che tutti ormai conosciamo sono noti come SARS-CoV (virus della SARS, appena citato), MERS-CoV (coronavirus della Sindrome Respiratoria Medio-Orientale) ed il SARS-Cov-2 (anche detto COVID-19).
Per valutare l’eziologia (cioè la causa o le cause della malattia) dell’infezione respiratoria, in questo caso andrebbe fatta una ricerca di RNA del coronavirus secondo tecniche, che noi biologi conosciamo bene, di PCR ed ibridazione in situ.
Si tratta, dunque, di virus altamente pericolosi, per i quali ancora oggi una cura non esiste. Non è possibile, infatti agire con antibiotici; farmaci utili per le infezioni batteriche e non virali. Purtroppo, ad oggi, non esistono cure o vaccini specifici. Si sta testando l’uso di terapie farmacologiche che modulino la risposta infiammatoria ed immunitaria nei pazienti infetti. Nonostante le differenze morfologiche e genetiche, vi sono quattro punti di congiunzione che accomunano molti di questi virus. 1) Il danno provocato da questi virus non è solo l’infezione in sé, ma la over-espressione e l’iper-reazione di un sistema immunitario aspecifico, che coinvolge macrofagi, cellule dendritiche e monociti. La produzione di molecole pro-infiammatorie, generalmente utili nelle prime fasi dell’infezione, non si arresta e provoca danni tissutali notevoli. 2) Si tratta di virus ad RNA e, dunque, mutevoli e facilmente adattabili. Basta una piccola mutazione (puntiforme, delezione o inserzione) nel genoma virale per provocare profonde modificazioni di tropismo e virulenza. Un errore nella loro replicazione potrebbe rappresentare, per essi, un vantaggio evolutivo e la selezione di un nuovo virus, più aggressivo e con specificità diversa. 3) Per creare memoria ed avere una risposta più efficiente il nostro sistema immunitario deve entrare in contatto con l’agente patogeno ed innescare una serie di meccanismi, che portano alla memoria immunitaria. E’ necessario tempo, però, e la riesposizione al virus. Spesso il sistema immunitario non ha il tempo necessario per sviluppare la memoria, prima di contrastare il virus e questo può essere letale. 4) La presenza di anticorpi specifici e neutralizzanti, in alcuni di questi virus, non impedisce la reinfezione.
Dott.ssa Cristina Mucci
Biologo Nutrizionista
Specialista in Biologia Molecolare e Nutrizione Umana
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