DIETA CHETOGENICA ED EPILESSIA.



Recentemente ho approfondito il tema della dieta chetogenica. Questo protocollo consiste nell’abbassare fortemente l’introito calorico ed anche quello glucidico (VLCKD). Secondo le linee guida questo protocollo può essere eseguito per un tempo limitato, a causa dei deficit elettrolitici che si possono verificare. Tale protocollo va, infatti, associato a trattamento integrativo con ioni e vitamine e sotto stretto controllo specialistico. 

Tale protocollo negli Stati Uniti viene già utilizzato da oltre trent’anni. Gli studi, condotti per valutare l’efficacia indubbia sul trattamento dell’obesità, hanno anche dimostrato la possibilità di applicare questo approccio in alcune patologie farmaco-resistenti, in patologie metaboliche e nelle crisi epilettiche. Tra queste patologie ricordo il deficit PDH (malattia neurometabolica con segni neurologici e metabolici di gravità variabile) ed il deficit GLUT1 (il gene per la proteina che trasporta il glucosio al cervello è mutato ed il cervello viene privato di questo importante metabolita). Si tratta di malattie rare, che interessano per oltre il 50% l’età pediatrica ed almeno l’80% di esse ha una base genetica. In alcuni casi la terapia nutrizionale assume il ruolo di farmaco-nutrizione. Ad esempio, nella Sindrome da Deficienze del GLUT1 l’unica terapia attualmente valida è la dieta chetogenica, eseguita in maniera assai rigida sotto forma di VLCKD. I corpi chetonici, che si producono, sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica. Questi vengono utilizzati come substrato alternativo al glucosio, fornendo energia. Due sono i fattori importanti: 1) I corpi chetonici riducono l’eccitabilità neuronale; 2) I corpi chetonici hanno un effetto anticonvulsivante diretto. Questo è il razionale che suggerisce l’utilizzo del protocollo chetogenetico nelle patologie succitate. C’è un film su quest’argomento che consiglio a tutti di vedere: “….First do not harm”.
Se l’utilizzo del protocollo chetogenico è talvolta obbligato, perché l’unico in grado di migliorare i sintomi in queste malattie rare, il suo uso nel trattamento dell’obesità è ancora controverso. La dieta chetogenica, infatti, si pone come interessante alternativa alle terapie alimentari tradizionali, soprattutto in caso di obesità grave e di diabete mellito di tipo 2 (DMT2). I risultati ottenuti, però, sono direttamente proporzionali al grado di aderenza del soggetto alle indicazioni fornite, suggerendo per lo specialista la necessità di una adeguata selezione dei possibili candidati. Non è possibile valutare tale protocollo per un utilizzo routinario su larga scala in tutte le forme di sovrappeso o obesità, ma può essere considerato nelle situazioni in cui sia necessario perdere velocemente peso (prima di un intervento chirurgico, ad esempio). Alcuni studi suggeriscono questo approccio dietetico anche nel caso di acne grave ed in alcune forme di emicrania.
Un suggerimento importante, che va dato a tutti coloro che decidono di intraprendere questo percorso, è di farsi seguire da uno specialista che abbia un’adeguata conoscenza delle modificazioni metaboliche indotte e dei potenziali effetti collaterali e che abbia la capacità di motivare adeguatamente il paziente.

Dott.ssa Cristina Mucci
Biologa Nutrizionista
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