VEGANO VERSO VEGETARIANO. ORMAI SPOPOLANO SUL WEB DIETE PER VEGETARIANI E RICETTE GOLOSE PER VEGANI. UNA MODA O UNA NECESSITA’? MANGIARE VEGANO PUO’ DAVVERO AIUTARE LA PERSONA A STARE MEGLIO, MIGLIORANDO LE ASPETTATIVE DI VITA? IL “NO” ASSOLUTO A TUTTE LE POSSIBILI FONTI ANIMALI DEI CIBI PUO’ AIUTARCI A VIVERE MEGLIO? UN’ATTENTA VALUTAZIONE DI CHI E’ L’UOMO E DI QUALI SONO LE SUE ORIGINI PUO’ AIUTARCI A CAPIRE DI COSA ABBIAMO DAVVERO BISOGNO PER LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA.
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Sempre più spesso si parla di diete per vegani e vegetariani. La moda del vegetariano è talmente tanto diffusa che negli ultimi anni sono nati negozi dedicati all’argomento ed interi reparti di supermercato vengono riempiti di cibi “animal free”.  Troppo spesso si tratta di una moda e non di una scelta etica. Il seguire la scia dell’eticismo vegano o, più genericamente, vegetariano non sempre paga. Una dieta del genere, infatti, per essere seguita senza provocare danni, necessita di essere bilanciata da un bravo professionista che sia in grado di coniugare le esigenze metaboliche del corpo, con quelle etiche. Vegano vs vegetariano, vegetariano vs onnivorismo; cosa scegliere per la salute? La risposta arriva da molto lontano, dai tempi della nostra evoluzione. Per capire davvero chi siamo e come ci dovremmo alimentare, sarebbe necessario fare un salto nel nostro passato più lontano.
Il mangiare vegetariano è sempre stato un argomento di mio grande interesse, non fosse altro per il mio spirito di animalista, che da sempre mi accompagna. A volte, però, anche le scelte più pure devono essere riviste.
Prima di affrontare un argomento tanto spinoso, vorrei spiegare che cosa significhi mangiare vegetariano. La dieta è vegetariana quando si escludono fonti di carne e pesce. A seconda del grado di esclusione dei cibi, la dieta vegetariana si riclassifica in: latto-ovo-vegetariana (con consumo di latte e uova, ma non di carne e pesce), latto-vegetariana (che esclude anche le uova), vegana o vegetaliana (che esclude qualsiasi fonte animale, anche il miele). Tutti questi modelli alimentari si basano su un largo consumo di cereali, legumi, frutta, verdura e sono solitamente ricchi nell’assunzione di carboidrati, alcune vitamine, antiossidanti, fibre, sali minerali. Sembrerebbero diete impeccabili, utili anti-age. In realtà, la letteratura scientifica non dispone di sufficienti evidenze cliniche, per dimostrare l’effetto benefico di un regime alimentare vegetariano. Si può, senz’altro, osservare che i vegetariani (e non vegani) hanno un buono stato di salute, rispetto ai non vegetariani (escludendo il regime mediterraneo, modus vivendi d’eccellenza). Ciò è dovuto, anche, ad uno stile di vita più attento e coscienzioso e ad un maggiore controllo del proprio peso; i vegetariani sono più attenti alla propria salute. Mangiare tante fibre e niente carne aiuta, inoltre, il nostro intestino selezionando una flora batterica non putrefattiva, che digerisce le fibre e produce sostanze (butirrato in primis) che fanno bene alla salute dell’uomo. Noi, però, non siamo fatti di solo intestino. I vegetariani hanno livelli più bassi di acidi grassi, di ferro e di vitamina B12 che indicano uno stato carenziale, confermato anche da elevati livelli di omocisteina. Seguire una dieta vegetariana diventa, quindi, salutare solo se correttamente pianificata con l’aiuto di un professionista che possa dare consigli utili, evitando stati carenziali. E’ necessaria, comunque e sempre un’integrazione alimentare.
Ricordo che, ai tempi dei miei studi universitari, chiesi al competentissimo prof. Carpineto docente di zoologia del mio corso di laurea, cosa sarebbe successo se la specie umana fosse diventata completamente vegetariana. Rammento, ancora a distanza di oltre venti anni, le sue parole: “…se l’uomo diventasse vegetariano, la foresta amazzonica diventerebbe un campo coltivato a cavolini di Bruxelles…”. Al mio replicare che il consumo esagerato di carne aumenta l’inquinamento a causa dei processi digestivi degli animali allevati, che liberano grandi quantità di gas come il metano, il professore mi riportò alla memoria la storia evolutiva dell’uomo. Volgiamo, dunque, lo sguardo alla nostra evoluzione, andando fino alla comparsa dell’Homo e delle sue prime tecniche di lavorazione della pietra: l’era del Paleolitico. In questo periodo, l’Homo imparò a migrare, spostandosi dalle foreste alle savane. Qui vi era meno vegetazione da sfruttare

come fonte di cibo, ma una grande varietà di animali. Il vantaggio nutrizionale fu la scoperta che la carne era commestibile. L’Homo iniziò ad alimentarsi in un modo nuovo. Questa scoperta, rilevante dal punto di vista nutrizionale, coincise con una mutazione casuale, che portò alla perdita di una proteina legata ai muscoli della masticazione; l’Homo perse parte della forza masticatoria a favore di una maggiore elasticità del cranio. Questa elasticità consentì una prepotente espansione del cranio durante lo sviluppo post-natale. L’ handicap masticatorio divenne un vantaggio anatomico, perché creò le condizioni per l’enorme differenza dimensionale e cognitiva tra il cervello umano e quello degli altri primati superiori, rimasti ad un habitus pseudo-vegetariano. La carne fu la soluzione più appropriata alle esigenze nutrizionali accoppiate all’encefalizzazione, perché contiene quantità rilevanti di nutrienti essenziali per lo sviluppo ed il metabolismo del cervello: aminoacidi essenziali (soprattutto il triptofano), metalli come il ferro presenti in uno stato facilmente assorbibile (al contrario di quelli presenti nei vegetali), vitamine come la B12 indispensabili per il sistema nervoso e praticamente assenti nei vegetali. Questo nuovo tipo di nutrizione comportò il ridimensionamento dell’apparato masticatorio e del palato: presupposto essenziale per l’articolazione dei fonemi tipici del linguaggio umano. L’associazione del consumo di carne ai vegetali, consentì di mantenere alti i livelli degli antiossidanti assunti e ridusse il metabolismo glucidico. Risultato: aumento della longevità. L’Homo divenne più longevo dei carnivori puri, ma più capace nei processi relazionali e di pensiero rispetto agli altri primati, grazie all’acquisizione di una dieta onnivora. Noi siamo onnivori, i nostri denti ce lo dicono, la nostra anatomia parla chiaramente. Non si può rinunciare a questo stile di vita, senza andare incontro a stati di carenza.
Per motivi di eco-sostenibilità ed inquinamento, ora si reputa necessario ridurre il consumo di carne e di pesce. Rimane, comunque, la necessità per l’uomo di alimentarsi in modo onnivoro. La ricerca si sta adoperando per trovare fonti proteiche alternative, che derivano dagli insetti ed altri invertebrati. Non si tratta di una moda, ma di una necessità spinta dall’elevata crescita demografica mondiale e dalle poliedriche esigenze nutrizionali che contraddistinguono la specie umana. Sicuramente, in un futuro non molto lontano, non ci sorprenderemo nel mangiare grilli a colazione.

Dott.ssa Cristina Mucci
Biologa Nutrizionista
Pagina facebook: dottoressacristinamucci
Blog: http://nutrizionistacristinamucci.blogspot.com

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Bibliografia:
1.       Stedman et al. Myosin gene mutation correlates with anatomical changes in the human lineage. Nature 2004; 428:415-8;
2.       Biondi G et al. In carne ed ossa. DNA, cibo e culture dell’uomo preistorico. Roma-Bari: Laterza, 2006.

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